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Strategia Experience-First: +55% di RevPAR con le esperienze in Hotel

In questo articolo

Introduzione: Perché parlare di esperienze oggi?

In un settore in cui tutto è già stato detto, venduto e spesso copiato, la vera domanda non è più “Quanto costa una camera?” ma “Cosa succede intorno a quella camera?”.

Negli ultimi anni, soprattutto dopo la pandemia, l’industria dell’ospitalità si è trovata davanti a un bivio: continuare a spingere l’unico asset tangibile—il pernottamento—oppure abbracciare qualcosa di più profondo, di più umano, di più memorabile.

 

Il viaggiatore moderno, che sia leisure o business, non cerca più solo un letto comodo e una buona colazione. Cerca connessione, scoperta, narrazione. E tutto questo non si trova nel minibar.

Il punto è questo: se il prodotto è sostituibile, il valore percepito crolla. Camere simili, prezzi simili, esperienze simili. Ma se inizi a vendere emozioni—non solo soggiorni—l’asticella del valore si sposta.

 

La verità è che molti hotel italiani offrono già esperienze—ma in modo disorganico, non valorizzato, spesso lasciato alla buona volontà della reception. Ed è proprio qui che nasce il dilemma: possono davvero le esperienze trasformarsi in leva economica, e non solo emozionale?

Un nuovo studio indipendente suggerisce non solo che sì, possono farlo, ma che in molti casi lo stanno già facendo—con risultati che vanno ben oltre le aspettative.

 

 

2. Il dato che spiazza: +55% di RevPAR grazie alle esperienze

Non è un caso studio isolato. Non è un’opinione. È un dato su 136.600 strutture a livello globale, raccolto da Turneo, piattaforma specializzata nel connettere hotel con attività “in-destination”. E i risultati hanno colpito anche i più razionali dei revenue manager.

 

+55% di RevPAR.
Sì, stiamo parlando di Revenue Per Available Room, il sacro graal della performance alberghiera.

Secondo l’analisi, gli hotel con una forte integrazione di esperienze nel proprio modello operativo—ovvero dove almeno il 30% degli ospiti prenota attività proposte dalla struttura—registrano in media un RevPAR superiore del 55% rispetto a quelli che non lo fanno.

 

È una cifra che sposta equilibri. E sposta budget.

“Abbiamo notato che gli hotel che vedono le esperienze come una parte fondamentale della loro proposta—not just a nice-to-have—ottengono vantaggi in ogni fase del ciclo cliente.”
– Turneo, PhocusWire Hot 25 Travel Startup 2024

 

Il dato non è solo sorprendente, è anche controintuitivo: molte strutture vedono ancora le esperienze come un di più, un accessorio non essenziale. Ma se portano un +55% di RevPAR, come possiamo continuare a chiamarle “extra”?

 

E non è solo questione di più vendite. È più margine. Più permanenza. Più recensioni. Più fidelizzazione. In altre parole, più valore per ogni camera già esistente, senza doverla scontare.

 

 

3. “Esperienza” non è un extra: è una leva strategica

Per decenni, l’esperienza è stata trattata come un’aggiunta facoltativa. Un “nice to have” da inserire in una brochure o da suggerire a voce alla reception. Quasi mai al centro del modello economico dell’hotel.

 

Eppure, c’è una domanda che oggi ogni albergatore dovrebbe farsi:
“Se il mio ospite potesse prenotare la stessa camera allo stesso prezzo a 10 chilometri da qui… perché dovrebbe scegliere me?”

 

La risposta non è nella qualità della biancheria o nella dimensione della spa. La risposta è nella proposta esperienziale: escursioni autentiche, laboratori con artigiani locali, tour enogastronomici, incontri culturali, e tutto ciò che dà profondità emotiva al soggiorno.

 

Ecco cosa raccontano i dati di Turneo:
Le strutture con un focus marcato sulle esperienze:

  • vedono una riduzione significativa delle cancellazioni
  • aumentano lo scontrino medio giornaliero per ospite
  • ricevono recensioni più alte
  • e, cosa ancora più interessante, migliorano il tasso di ritorno (re-booking)

 

Un ospite che vive un’esperienza memorabile non è un cliente occasionale. È un narratore. È un ambasciatore. Ed è anche più propenso a tornare.

 

Mettere le esperienze al centro non significa diventare tour operator, ma diventare curatori di significato. È un cambio di mindset, non un cambio di mestiere.

 

E oggi, quel mindset è la leva strategica più sottovalutata (e più urgente) per ogni hotel italiano che voglia distinguersi, difendersi dal pricing aggressivo delle OTA e riappropriarsi del controllo sul proprio valore.

 

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4. Il ciclo dell’esperienza: pre, durante e post soggiorno

Il bello delle esperienze è che non impattano solo durante il soggiorno. Creano valore anche prima e dopo. È una delle intuizioni più forti emerse dallo studio Turneo: l’effetto esperienziale è circolare, pervasivo, e misurabile.

 

Pre-soggiorno:

Un hotel che propone esperienze già nella fase di prenotazione—o meglio ancora, nel suo sito ufficiale—trasmette unicità. Non è uno dei tanti, è “quello che ti porta a fare la caccia al tartufo con un contadino vero”.
Questo riduce la dipendenza dalle OTA, migliora le conversioni dirette e aumenta l’anticipazione del viaggio (più emozione = meno cancellazioni).

 

Durante il soggiorno:

Qui le esperienze diventano amplificatori di soddisfazione. Non solo arricchiscono il tempo in struttura, ma aumentano la spesa giornaliera: dalle degustazioni ai pacchetti “deluxe”, ogni esperienza crea nuove microtransazioni.
In più, l’ospite diventa attivo, coinvolto, partecipe—non solo un consumatore passivo.

 

Post-soggiorno:

Il ricordo dell’esperienza genera recensioni più emotive, più dettagliate, più autentiche.
E questo alimenta un circolo virtuoso: le esperienze diventano contenuto per social, motivi per tornare, racconti da condividere.
Un soggiorno si dimentica. Un’esperienza si racconta.

 

 

5. Obiezioni comuni (e perché vanno riviste)

Ogni volta che si parla di esperienze in hotel, la reazione è quasi sempre la stessa: un misto di curiosità e resistenza. Le idee piacciono, ma il pensiero dominante è:
“Bello, ma non fa per noi.”

 

Ecco le tre obiezioni più frequenti raccolte in anni di confronto con strutture italiane—e perché oggi, alla luce dei dati, vanno urgentemente rimesse in discussione.

 

“Non abbiamo il personale per gestirlo”

Questa è forse la barriera psicologica più grande. Ma la verità è che non devi creare tutte le esperienze in casa. L’approccio vincente? Collaborazione.
Guide locali, produttori, artigiani, associazioni culturali… sono già sul territorio, e cercano visibilità.
Il ruolo dell’hotel è fare da ponte, non da organizzatore logistico.

 

“I clienti non lo chiedono”

Classico misunderstanding. I clienti non sempre chiedono esplicitamente esperienze perché non sanno che esistono. Ma le cercano online e, se le vedono altrove, prenotano altrove.
Inserire esperienze visibili nel sito o nel processo di booking può anticipare la domanda latente. Non aspettare che te la chiedano.

 

“È troppo complicato da gestire”

Solo se lo fai manualmente. Ma oggi esistono strumenti (come quelli offerti da piattaforme verticali) che automatizzano la proposta, l’integrazione con il PMS, e la gestione del pagamento.
Quello che un tempo era complesso, oggi è scalabile e integrabile.

 

In sintesi? Le obiezioni non sono insormontabili. Sono segnali di un mindset da rinnovare. E se davvero il RevPAR può crescere del 55%… è ancora sostenibile dire “non abbiamo tempo”?

 

Cooking-class-hotel

6. Cosa possono fare oggi gli hotel italiani

La buona notizia è che non serve rivoluzionare tutto in una notte. Ma serve iniziare.
Ecco tre azioni concrete che ogni hotel può mettere in campo da subito, per trasformare le esperienze da “optional” a leva di crescita.

 

1. Audit interno: cosa offriamo davvero?

Molti hotel già fanno esperienze: una visita in cantina, una cooking class, un pass per il museo. Ma spesso sono invisibili o non raccontate come parte del valore dell’hotel.
Prima mappa tutto ciò che offri già. Poi chiediti: cosa manca per essere memorabili?

 

2. Costruisci alleanze locali

Non devi essere un tour operator. Devi essere un attivatore di reti locali.
Collabora con chi ha già contenuti esperienziali autentici. Oggi, questa collaborazione può diventare pacchetto vendibile, arricchire il sito, differenziare l’offerta.
Un hotel senza esperienze proprie può comunque offrire esperienze di territorio.

 

3. Integra le esperienze nei touchpoint digitali

Se le esperienze non sono visibili durante la prenotazione, è come se non esistessero.

  • Sito web
  • Email pre-arrivo
  • App o guest platform

 

Integra esperienze in questi canali, e osserva l’impatto su conversioni, cancellazioni e up-sell.

 

 

Conclusione: L’hotel come catalizzatore di significato

Per anni, la crescita nel settore alberghiero è stata legata alla metratura, al numero di camere, ai servizi tangibili. Ma oggi, la differenziazione vera passa da ciò che un hotel fa vivere, non solo da ciò che offre.

 

Il report di Turneo non ci parla di un trend passeggero, ma di un cambio strutturale nel modo in cui gli ospiti scelgono, vivono e ricordano il proprio soggiorno. E i numeri sono chiari: l’hotel che sa integrare esperienze autentiche nel proprio modello operativo può aumentare significativamente i suoi ricavi, migliorare le performance su tutti i touchpoint del customer journey, e rafforzare la propria identità di marca.

 

In un mercato ipercompetitivo come quello italiano, dove le strutture sono spesso eccellenti ma simili, la vera leva non è abbassare il prezzo. È alzare il valore percepito.

 

Investire nelle esperienze non è un esercizio di creatività. È una scelta strategica che può rendere un hotel irripetibile—e quindi preferibile.

 

Chi si muove oggi, costruisce un vantaggio che non si copia con uno sconto. Si vive, si racconta e si ricorda.

 

 

FAQ – Domande frequenti sull’approccio “experience-first”

Le esperienze funzionano anche in contesti urbani o business?

Sì. Anche in città o in hotel business, le esperienze possono fare la differenza: da un tour architettonico della città, a una cena con chef locale, fino a un accesso esclusivo a eventi o musei. Ogni contesto ha contenuti unici da valorizzare. L’importante è capire il target e costruire esperienze coerenti.

 

E se la struttura è stagionale o in una zona meno turistica?

Proprio in questi contesti, le esperienze diventano uno strumento anticiclico. Possono allungare la stagione, attrarre nicchie (amanti del vino, trekking, artigianato…) e costruire una reputazione differenziante anche in zone meno “battute”.

 

Serve un investimento iniziale importante?

Non necessariamente. Molte esperienze possono essere attivate in collaborazione con partner locali, senza costi fissi. Inoltre, ci sono soluzioni tecnologiche (come le piattaforme verticali) che automatizzano la proposta e la vendita senza stravolgere i flussi operativi dell’hotel.

 

È necessario un team dedicato?

No. Con il giusto approccio e gli strumenti adeguati, anche un piccolo team può gestire un’offerta esperienziale integrata, delegando la logistica ai partner esterni e concentrandosi sulla promozione e sulla personalizzazione dell’offerta.

 

Vuoi valorizzare l’unicità del tuo hotel, a partire da ciò che offri?

Se stai ripensando al tuo modello di accoglienza e ti chiedi come integrare meglio le esperienze nel racconto, nella distribuzione e nel valore percepito della tua struttura, la tecnologia può essere una grande alleata.

 

Su www.mycomp.it trovi strumenti pensati per aiutarti a comunicare meglio ciò che ti distingue, a rafforzare la relazione con l’ospite e a ottimizzare ogni fase del customer journey, dalle prenotazioni al ritorno.

 

L’esperienza inizia prima del check-in. E continua ben oltre il check-out.

Scritto da: Luca

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