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Disparità tariffaria in Hotel: quanto ti costa davvero perdere il controllo

In questo articolo

Introduzione

C’è qualcosa di profondamente ingiusto in tutto questo.

Un albergatore investe, lavora sul brand, cura il sito, affina la comunicazione, si affida a professionisti per gestire le campagne pubblicitarie. Poi però succede che — a parità di prodotto, stesso letto, stessa vista, stessa colazione — il suo hotel si trovi costretto a pagare quasi il doppio per ogni singolo clic ricevuto su Google. Solo perché, da qualche parte, una OTA sta vendendo la stessa camera a un prezzo inferiore.

 

Non è solo frustrante. È disarmante.

 

Eppure accade ogni giorno. Accade in silenzio, senza allarmi, senza notifiche, senza che nessuno ti dica esplicitamente: “Ehi, guarda che stai bruciando il tuo budget pubblicitario solo perché non hai il miglior prezzo sul tuo sito.”

 

Una recente analisi condotta da SHR, società internazionale specializzata in tecnologia alberghiera, ha portato alla luce una verità difficile da ignorare: gli hotel che permettono alle OTA di offrire tariffe più basse rispetto al proprio sito ufficiale pagano in media il 47% in più per ogni clic pubblicitario.

Non un’opinione. Non una teoria di marketing.
Sono i dati. Milioni di dati.
E oggi, li analizziamo.

 

 

1. Quando il prezzo non è solo un prezzo: il vero volto della disparità tariffaria

C’è stato un tempo in cui il problema della “disparità tariffaria” era un tema da conferenza — il classico argomento da tavola rotonda, con slide e buzzword, buono per riempire un panel ma distante dalla realtà di chi gestisce un hotel giorno per giorno. Oggi non più.

 

Oggi la disparità ha un costo immediato, concreto, aggressivo. E si chiama costo per clic.

 

Secondo l’analisi di SHR basata su oltre 27 milioni di impressioni CPC, il meccanismo è spietato:
quando una OTA ha una tariffa più bassa della tua, Google la premia.
Il suo annuncio guadagna visibilità, la sua posizione migliora, il suo costo per clic scende.
E tu? Per tenere il passo — per non sparire dalla prima pagina — sei costretto ad alzare l’offerta.

 

Non si tratta più solo di “perdere una prenotazione”.
È un circolo vizioso in cui paghi di più per essere meno competitivo.
In sostanza, stai finanziando la visibilità di chi ti sottrae clienti.

 

La parte più inquietante?
In molti casi, non lo sai nemmeno.

L’impronta di questa disparità non è visibile nel tuo PMS. Non appare nel report delle revenue. Non lampeggia in rosso nel tuo Google Ads.
Ma è lì. E ti costa — ogni giorno, ogni clic, ogni campagna.

 

Il paradosso è che, spesso, la disparità non nasce da una strategia consapevole.
Basta una svista, un contratto non gestito, un partner B2B che riversa tariffe su canali non controllati. E l’effetto è devastante: la tua campagna diventa inefficace, il tuo costo di acquisizione sale, e tu perdi il controllo.

 

 

2. Cosa dice la ricerca: 27 milioni di impressioni non mentono

La ricerca pubblicata da SHR non è un sondaggio d’opinione. Non sono interviste, né case study selezionati a mano per fare colpo.
Sono 27 milioni di impressioni pubblicitarie analizzate, distribuite su decine di hotel, centinaia di campagne, migliaia di combinazioni tariffarie.

 

E i risultati sono netti. Inequivocabili.
Ogni volta che un hotel lascia che una OTA pubblichi una tariffa più bassa di quella disponibile sul proprio sito ufficiale, il sistema reagisce.
E lo fa nel modo più concreto possibile: alzando il costo per clic delle sue campagne pubblicitarie.

In media, secondo l’analisi, il CPC (Cost Per Click) per questi hotel sale del 47%.
Non “fino al 47%”. Non “in certi casi selezionati”.
La media.

Immagina di pagare 1 euro per ogni clic al tuo sito, per ogni potenziale cliente che scegli di attrarre con la pubblicità.
Poi scopri che, solo perché qualcun altro ha pubblicato una tariffa più bassa della tua, quello stesso clic ti costa 1,47 euro.
Ogni giorno. Ogni clic. Ogni campagna.

 

Questo è il vero volto della disparità tariffaria nel 2025.
Non è più solo una questione di canali di distribuzione o percentuali di commissione. È un meccanismo algoritmico che influisce direttamente sulle regole del gioco digitale.

E soprattutto, è subdolo.
Perché agisce nell’ombra. Non ti avverte. Non ti dice: “Attento, stai spendendo troppo perché il tuo prezzo non è competitivo.”
Semplicemente, ti presenta un conto più salato. E tu lo paghi.

 

I motori di ricerca e le piattaforme pubblicitarie premiano chi ha il prezzo più basso.
Non chi ha la migliore customer experience. Non chi ha investito nel sito.
Solo chi costa meno.

E a quel punto, tu, albergatore, non hai che due scelte: alzare l’offerta per mantenere visibilità, o sparire dalla competizione lasciando campo libero alle OTA.
Entrambe le strade costano. Solo una ti lascia un minimo di controllo. L’altra ti toglie tutto.

 

Ma come si traduce, nella pratica, questo +47%?
Quanto può impattare realmente sul budget di un hotel?

 

Nella prossima sezione, lo vediamo con numeri alla mano — non per fare allarmismo, ma per dare finalmente forma e peso a un problema che finora è stato troppo sottovalutato.

 

 

3. Il costo invisibile: cosa significa +47% per il tuo budget

Immagina di sederti a un tavolo con il tuo team marketing.
È inizio mese. Avete appena stanziato il budget per le campagne Google Ads: 5.000 euro per promuovere le camere sul tuo sito diretto. L’obiettivo è chiaro: generare traffico qualificato e ridurre la dipendenza dalle OTA.

 

Ora, fai un rapido calcolo:
con un CPC medio di 1€, ti aspetti di ottenere circa 5.000 clic verso il tuo motore di prenotazione.
Non conversioni, certo — ma attenzione mirata, intenzioni d’acquisto. Clienti potenziali.

 

Poi però succede qualcosa.
Su Booking, Expedia o un wholesaler che ha “saltato la filiera”, appare una tariffa più bassa della tua.
Non di molto. Forse solo 5-10€. Ma tanto basta.
E l’algoritmo lo nota.

 

Risultato? Il tuo CPC medio schizza da 1€ a 1,47€.

 

Il tuo budget di 5.000€, improvvisamente, non ti porta più 5.000 clic, ma solo 3.401.
Hai appena perso 1.599 opportunità di prenotazione diretta, senza accorgertene.
E non perché la tua campagna fosse sbagliata.
Ma perché non avevi il prezzo migliore sul tuo sito.

 

Ora moltiplica questa dinamica per 12 mesi.
O peggio, immagina di investire 10.000€ al mese — come fanno molti gruppi e catene.
A fine anno, potresti aver sprecato oltre 56.000 euro semplicemente per aver perso il controllo sulle tue tariffe.

 

Questo è il costo invisibile.
Non lo vedi in un’unica transazione. Non ti appare in fattura. Non è una commissione come quella delle OTA.
Ma è lì. Goccia dopo goccia, ti svuota.

 

E il danno non si limita solo all’efficienza del budget.
Ogni clic perso è un potenziale cliente che non vede il tuo valore aggiunto. Che non scopre che la colazione è inclusa se prenota dal tuo sito. Che non legge le recensioni verificate.
Ogni clic che si spegne prima di arrivare da te è un cliente regalato a qualcun altro.

 

Ed è qui che il discorso cambia profondamente.
Non si tratta più solo di marketing.
È una questione di indipendenza operativa.
Di libertà commerciale.
Di dignità strategica.

 

Quando un hotel perde la parità tariffaria, non perde solo dei soldi.
Perde potere.

 

Budget-ads-hotel

 

4. Perché accade: il vantaggio algoritmico delle OTA

Nessuna guerra si vince a mani nude.
E nel campo di battaglia digitale, le OTA non combattono ad armi pari: hanno algoritmi, dati, risorse e visibilità che un singolo hotel — per quanto efficiente — fatica a eguagliare.

 

Ma il vero colpo basso non sta nelle loro tecnologie.
Sta nel fatto che siamo noi — spesso inconsapevolmente — ad alimentarle.

 

Quando un hotel consente a un portale di distribuzione di offrire una tariffa più bassa, sta consegnando un vantaggio competitivo diretto. Non simbolico. Non “immagine”.
Parliamo di valore tangibile in un sistema d’asta digitale.

 

 

Ecco cosa succede, passo dopo passo:

  1. Una OTA pubblica una tariffa più bassa della tua.
  2. Google Ads lo registra. Gli utenti cliccano di più sull’annuncio della OTA, perché il prezzo è più allettante.
  3. L’algoritmo interpreta quel comportamento come “pertinenza”.
  4. L’annuncio della OTA guadagna posizione e visibilità, pagando meno per ogni clic.
  5. Tu, al contrario, vieni penalizzato. Per stare in alto devi rilanciare. Pagare di più.
  6. Ma anche così, sei percepito come meno conveniente, quindi il tuo CTR (click-through rate) scende.
  7. Risultato? Paghi di più per cliccare meno. E converti peggio.

 

È un sistema che si autoalimenta.
Più lasci spazio alle OTA, più diventano forti.
E più diventano forti, più ti costano — sia in pubblicità, sia in commissioni, sia in perdita di clienti diretti.

 

E non si tratta solo di tariffe:
le OTA dominano anche la psicologia del viaggiatore.
Sono riconosciute, rassicuranti, immediate.
Se a questo aggiungono anche il miglior prezzo, l’hotel non ha più chance.
Diventa solo una foto nella lista.

 

E tu, albergatore, ti ritrovi nella situazione paradossale di pagare per attirare un cliente… che prenoterà da un altro.

 

Il dramma è che spesso questa disparità nasce da canali intermediari, wholesaler, pacchetti, magari anche legittimi — ma non controllati in tempo reale.
Basta una falla nella distribuzione, un accordo non monitorato, e il danno è fatto.

 

Il prezzo che pubblichi non è più il prezzo che il mercato vede.
E quando perdi il controllo sul tuo prezzo, perdi tutto:
la percezione, la fiducia, la redditività.

 

Non è una guerra leale.
Ma è una guerra che si può combattere.
A partire dalla prossima sezione.

 

5. Strategie per difendersi: controllo, trasparenza, tecnologia

C’è una buona notizia:
non serve fare rivoluzioni per uscire da questo circolo vizioso.
Ma serve fare chiarezza. Serve guardare i numeri in faccia. E soprattutto, serve riconquistare il controllo del proprio ecosistema digitale.

 

Perché è proprio lì, in quell’apparente dettaglio chiamato tariffa pubblicata, che si gioca oggi la vera partita dell’hotellerie indipendente.

 

Ecco la verità che molti ignorano (o fanno finta di ignorare):
il canale diretto non funziona da solo.
Puoi avere il miglior sito, la UX più fluida, il copy più convincente… ma se sul sito la tariffa è più alta di quella che appare su Booking, hai già perso.

 

La prima strategia, dunque, è brutale nella sua semplicità:
Riportare la miglior tariffa dove deve stare: sul tuo sito ufficiale.

 

Non si tratta solo di parità tariffaria. Si tratta di parità di rispetto verso te stesso come albergatore.
Perché il tuo sito non è un canale qualsiasi: è il tuo volto online, il tuo spazio di libertà.
Offrire lì il prezzo peggiore significa, implicitamente, dire ai tuoi clienti: “Non fidarti di me. Altrove è meglio.”

 

Ma il prezzo è solo la punta dell’iceberg.
Dietro ci deve essere un sistema di controllo attivo, non reattivo. Un approccio quasi ingegneristico:

  • Monitoraggio costante delle tariffe distribuite (non basta guardare ogni tanto: serve uno strumento che ti avvisi in tempo reale).
  • Audit periodici sui partner B2B, i wholesaler, i contratti d’intermediazione: chi sta vendendo cosa, dove, a quanto?
  • Uso intelligente della tecnologia, ma senza cadere nel feticismo del tool. Il motore di prenotazione non è una bacchetta magica: è un’arma, ma devi saperla usare.
  • Comunicazione chiara sul sito: non basta scrivere “Miglior prezzo garantito” in un angolo. Serve spiegarlo, argomentarlo, dimostrarlo.

 

E infine, la parte più difficile:
Cambiare mentalità.

 

Perché la vera battaglia, prima ancora che nei costi e nelle strategie, si gioca nell’identità.
Finché continuerai a considerare le OTA come un male necessario, o come una stampella da cui non puoi separarti, continuerai a costruire il tuo futuro su un terreno che non controlli.

 

Ma quando inizi a vedere il tuo canale diretto non come un’alternativa, ma come l’asse portante della tua strategia di lungo periodo, tutto cambia.
E anche se il primo passo è piccolo — una revisione dei contratti, un miglioramento della parity, un messaggio in più sul sito — l’effetto è gigantesco.

 

Perché ogni clic riconquistato è un cliente che hai riportato a casa.
E ogni cliente diretto è una storia che comincia con te, non con un intermediario.

 

Price-balance-resort

 

6. Se non controlli il prezzo, non controlli il marketing

C’è una frase che ogni albergatore dovrebbe tenere incorniciata nel proprio ufficio:
“Il prezzo non è una cifra. È un messaggio.”

 

È il messaggio che mandi al mercato.
Il messaggio che Google legge, che i clienti confrontano, che gli algoritmi interpretano.
E se quel messaggio è incoerente — se sul tuo sito costa di più — allora tutto il resto perde forza: il brand, le immagini, le recensioni, la reputazione. Tutto.

 

Questa è la dura realtà che il digital marketing alberghiero ci ha messo di fronte.
Una realtà in cui non basta più “fare le cose bene”. Serve fare le cose giuste, nella sequenza giusta.

 

E la prima cosa giusta è questa:
riprendere possesso della propria politica tariffaria.

 

Perché oggi, se non controlli il prezzo, non controlli il marketing.
E se non controlli il marketing, non controlli la relazione con i tuoi clienti.
E se non controlli quella relazione, alla fine non controlli più il tuo business.

 

La buona notizia è che non serve stravolgere tutto.
Serve iniziare — oggi — con consapevolezza.
Osservare i numeri. Mettere in discussione i contratti. Verificare dove stai perdendo margine, clic, visibilità.
E, un passo alla volta, ricostruire un modello di distribuzione che sia davvero sostenibile.

 

Non perfetto. Ma tuo.

 

Conclusioni: Una domanda per chiudere (e per riaprire)
Quante prenotazioni hai perso oggi perché qualcun altro ha deciso il prezzo al posto tuo?

 

Non serve che tu risponda adesso.
Ma domani, quando rivedrai il budget PPC, i dati di traffico, le conversioni… torna a farti quella domanda.
Perché la risposta non sta nei numeri.
Sta nel controllo.

 

 

Domande Frequenti – FAQ

Come posso sapere se le OTA stanno vendendo a un prezzo più basso del mio sito ufficiale?
Esistono strumenti di parity rate monitoring che ti permettono di confrontare in tempo reale le tariffe pubblicate su diversi canali. Se non hai un sistema di controllo attivo, puoi iniziare anche con test manuali simulando ricerche da IP esterni (o in incognito), ma è un approccio limitato e reattivo. L’ideale è automatizzare la verifica.

 

È davvero così grave perdere la parità tariffaria di tanto in tanto?
Sì, perché non stai perdendo solo una prenotazione: stai perdendo posizionamento digitale, clic preziosi e fiducia del cliente. Ogni volta che il tuo sito risulta più caro, Google ti penalizza e il cliente rafforza la percezione che “le OTA costano meno”.

 

Offrire benefit esclusivi sul sito (es. late checkout, colazione inclusa) è sufficiente per compensare un prezzo più alto?
Può aiutare, ma non basta. Il viaggiatore medio confronta i numeri, non i dettagli. Il beneficio deve essere chiaro, visibile e percepito come valore economico reale. Se il prezzo finale è più alto, anche con benefit, rischi comunque di perdere il clic.

 

Come posso agire subito, da domani?
Ecco tre azioni semplici per iniziare:

  • Fai un audit dei tuoi partner OTA (offerte, programmi partner, etc.) e contratti wholesale.
  • Controlla le tariffe pubblicate su almeno 5 canali principali ogni giorno.
  • Assicurati che il tuo sito abbia strumenti di tracciamento delle conversioni e che il motore di prenotazione sia ottimizzato per mostrare subito il prezzo migliore.

 

È realistico competere con le OTA sullo stesso terreno?
Non sullo stesso. Ma puoi giocare un’altra partita: quella dell’autenticità, del contatto diretto, del valore percepito. La chiave è essere competitivi sul prezzo, ma vincenti sull’esperienza. Chi ti sceglie direttamente deve sentire che sta facendo la scelta giusta.

 

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Scritto da: Luca

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